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L’Ortobene
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Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
Pietro, Giacomo e Giovanni si staccano dalla folla, con Gesù, e lo seguono. È una azione solita per i discepoli del Maestro. Tuttavia nel testo è interessante notare che, sebbene tutto il ministero di Gesù si sia svolto finora in pianura, si ascenda al monte. Non tutti ma solo i più intimi. Solo chi ha il coraggio di seguirlo, anche quando la strada va in salita, è discepolo.
Nel monte tuttavia dimostrano la loro umanità e il loro bisogno di conversione. Mentre Gesù prega loro sono «oppressi dal sonno». Spesso come singoli o società siamo addormentati. Afferma don Fabio Rosini: «Luca, più di altri, sottolinea il sonno dei discepoli. Vedere il segreto di Gesù implica una lotta contro l’incoscienza, contro la distrazione, contro la rimozione. La nostra è un’epoca di narcosi e svaghi, del fiorente mercato dell’evasione, del non pensare, del tirarsi fuori». Spesso anche a livello religioso tentiamo di spogliare la Quaresima della sua austerità e serietà a favore di un perbenismo che non fa altro che aggiungere superficialità alla nostra vita che non è più capace di profondità. Eppure la Quaresima è un tempo di riflessione, di lotta, di – come affermato dal Vescovo nell’omelia delle ceneri – atleti. La Quaresima ha bisogno non del nostro sonno, ma di autenticità. Noi abbiamo bisogno della Quaresima come tempo forte in cui stare in comunione con Gesù nella preghiera-relazione con il Padre. Gesù trasfigura, cambia aspetto, si mostra nella sua splendida veste divina, eppure i discepoli non capiscono: dormono. Poco prima di salire avevano ricevuto l’annuncio della Passione, eppure sono incapaci di comprendere. Anche noi lo siamo quando, nonostante sappiamo che il Figlio di Dio è morto e risorto per noi, non entriamo nella Gioia della relazione con Lui. Elia (Profeti) e Mosè (Torah) parlano della Pasqua di Gesù e con Gesù, quasi a suggerirci che è di Lui che parla la scrittura. Ma ancora noi, insieme a Pietro e i suoi compagni, non capiamo. Diciamo «è bello per noi essere qui», ma infondo non siamo altro che spettatori estranei dell’evento salvifico della Pasqua.
Mentre farfugliamo il nostro protagonismo e attivismo (Cfr Ambrogio) ecco che una nube – segno anticotestamentario della presenza divina – ci abbraccia e ci ridona l’umiltà creaturale. È il Padre che afferma «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». Dio Padre rivela ai discepoli chi sia Gesù. Non l’hanno capito vedendo i prodigi, non hanno compreso attraverso la tradizione e le scritture, ma nella relazione autentica con il Padre è possibile scorgere la Verità. Possiamo sottolineare che Gesù, che in altri passi lo farà, non si auto-rivela, ma la rivelazione avviene dal Padre. Questo è un insegnamento prezioso per noi in questo tempo di Quaresima. In un mondo social nel quale siamo sempre più portati, nel narcisismo, ad affermarci, Dio ci invita a stare in una relazione autentica con Lui che si rivela e rivela all’uomo la sua essenza. Siamo troppo spesso tentati di dire “io sono” e poi aggiungere ruoli e responsabilità. “Io sono” è il nome di Dio dovremmo imparare ad usarlo meno riferito a noi. Impareremo l’umiltà e la libertà dell’essere-figli-amati.
Sembra severa la Quaresima. La porta stretta attende uomini che vogliano entrare nella relazione con Dio in Verità. Un canto quaresimale dice: «Donaci, Signore, un cuore nuovo; poni in noi, Signore, uno Spirito nuovo»; sia questa la preghiera e il grido di Speranza per la nostra vita che ha sete della luce che splende nel Volto di Cristo.