Dati societari
L’Ortobene
Piazza Vittorio Emanuele 8
08100 Nuoro
–
Autorizzazione del Tribunale
di Nuoro n. 35/2017 V.G.
CRON. 107/2017 del 27/01/2017
C.F. 93003930919
–
Direttore Responsabile:
Francesco Mariani
La IV domenica del Tempo ordinario è sostituita quest’anno, nella liturgia romana, dalla festa della Presentazione del Signore. Gesù, quaranta giorni dopo la sua nascita, è portato al tempio da Maria e Giuseppe. È uno dei tanti bambini che vengono portati a Gerusalemme per essere, come prescrive la legge, presentato al tempio. Ancora una volta Gesù sembrerebbe “un ebreo marginale” (John P. Meier). Egli è un uomo marginale che si rivela fondamentale a chi, in umiltà, sa decentrarsi da sé stesso; a Simeone, uomo anziano e pieno di Spirito Santo, che si lascia guidare dallo Spirito; ad Anna, donna ottantaquattrenne, che spende la sua vita nel servizio. Il fatto che siano due anziani e frequentatori assidui del tempio potrebbe indurci a pensare che possano essere assuefatti dal sacro, vivano – come rischiano i cristiani – una noia rituale. Invece il testo ci invita a scoprire due persone che conservano in loro, grazie all’umiltà, la speranza e lo stupore. Simeone stava aspettando il Cristo. Non sapeva quando e come, ma aveva la certezza che l’avrebbe incontrato; era affamato. Anna era una vedova, e quindi per definizione bisognosa, non aveva nessuno che la potesse mantenere e proteggere, era indifesa. Nella Sua provvidenza Dio sceglie di rivelarsi, in Gesù, a quei due poveri anziani. «Nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri» (EG 197).
Simeone incontra il Bambino e lo accoglie tra le sue braccia. Mettendolo accanto al suo cuore è come se quel piccolo neonato muto gli sussurrasse: «Eccomi, sono io» (rivelazione AT). Lo Spirito gli dona di riconoscerlo e benedicendo esplode in un canto di lode. La sua vita ha un senso. Può anche morire ora. La promessa è compiuta, Israele ha trovato la sua Gloria, la Luce che guiderà le genti è tra le sue braccia, la Salvezza ha visitato la sua vita. Eppure ha solo un bambino tra le braccia. Ne avrà visti tanti, perché proprio quello? Scientificamente non è spiegabile. Alcune cose sono dimostrabili solo nel momento in cui ci apriamo, fiduciosi, «cuore a cuore in dialogo con Dio» (J. Henry Newman).
Lo Spirito che muove i due anziani, facendogli superare le resistenze della loro esperienza, può scaldare anche il nostro cuore. Pensiamo a quando prendiamo la comunione: anche noi come Simeone ed Anna accogliamo, tra le mani o nella bocca, il Salvatore ma abbiamo il coraggio di abbandonarci a Lui? Abbiamo il coraggio di lasciare che la nostra vita «vada in pace, secondo la sua parola»? Spesso la nostra umanità, il nostro orgoglio, i nostri piani fanno resistenza e il Signore è nascosto in mezzo al fumo delle nostre ricchezze. È necessario spogliarsi di tutto, è necessario per scoprire l’essenziale mancare di tutto. Ecco che Gesù è contraddizione; è la ricchezza della povertà, è il tutto nel nostro nulla (cfr Bernardo di Chiaravalle). Lui svelerà ai piccoli la grandezza, agli umili la redenzione. Anche Maria, ricca del suo unico Figlio, verrà impoverita: «Una spada [le] trafiggerà l’anima», perderà in quel venerdì di lutto il suo tutto. Solo quando si è a terra, umili e umiliati, si può vedere il Cristo in quel bambino. Solo se si muore a sé stessi, rimanendo disarmati (come le vedove), si può partecipare alla risurrezione di Cristo. Sa che abbiamo bisogno di tempo, nella sua umanità ne ha fatto esperienza. Da questa pericope riscopriamo che non siamo noi ad aspettare l’incontro salvifico ma Lui ci sta già aspettando. Attende che ci mettiamo a nudo davanti a Lui per essere rivestiti del Suo Amore.