Uscire da se stessi
Commento al Vangelo di domenica 15 giugno 2025 - Santissima Trinità - Anno C
di Federico Bandinu
Hendrick van Balen, Santissima Trinità, (anni 20 del XVII secolo), Sint-Jacobskerk, Anversa
4' di lettura
15 Giugno 2025

L’uomo è interpellato, in questa pericope, solo come destinatario di un annuncio: «per il momento non siete capaci di portarne il peso». Siamo davanti al Mistero che, non volendo rimanere “misterioso”, si dona e viene rivelato. Attraverso la Parola di Dio possiamo intuire qualcosa di Dio, ma come affermano i padri: «Tutta quanta la conoscenza che abbiamo qui in terra non è niente di più che una conoscenza di uno specchio e in enigma, in quanto si ferma a delle piccole immagini» (Gregorio Nazianzeno). Non potendolo contenere entro le nostre capacità umane e intellettuali ci è annunciato affinché, nella fede, possiamo immergerci con tutto noi stessi in Lui. «Lo Spirito della Verità, vi guiderà a tutta la Verità»: è Lui che permette di entrare in Cristo e quindi nel Padre; «non c’è in noi amore per il Padre, se non per mezzo della fede nel Figlio» (Ilario di Poitiers). Lo Spirito Santo, soprattutto attraverso i sacramenti, ci permette di tuffarci in Dio che, non presentandosi come un oggetto da studiare, si rivela: origine, cammino e meta del nostro vivere. Come afferma Paolo: «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28); Dio chiama in causa la nostra vita per incontrarla e trasformarla. 

Nel delirio di onnipotenza che l’uomo vive, il Mistero di Dio chiede l’umiltà di un orecchio fecondato dalla Parola che, nello Spirito, è donata dal Padre perché l’uomo sia sempre più uomo (Cfr. GS 22). Vorremmo sempre che tutto dipendesse da noi, ci idolatriamo; invece la solennità della Santissima Trinità ci rivela che, dalla nostra piccolezza, per essere grandi dobbiamo essere umili e così entrare, attraverso la croce, in Dio. Bisogna uscire da se stessi per entrare in Dio, che è la meta del nostro peregrinare. Gesù stesso afferma: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24). Seguendo le sue orme troviamo il tracciato che ci apre all’immensità di Dio. «Mi sembra che in cielo la mia missione sarà di attirare le anime aiutandole ad uscire da loro stesse e aderire a Dio attraverso un movimento tutto semplice e amoroso, e di conservare in un grande silenzio interno che permette a Dio di imprimersi in loro, di trasformare in Lui stesso» (Santa Teresa della Trinità). Rinunciare per accogliere, svuotare per essere riempiti, morire per risorgere con Lui; nella fede umile è possibile! 

Ascoltando l’annuncio potremo accogliere lo Spirito Santo che ci rivela che Dio, «l’Essere perfettissimo» (Catechismo di San Pio X), vuole incontrarmi e incendiare la mia vita del suo Amore che chiede di essere accolto con Fede per rinvigorire la Speranza. La presenza di Dio – la nostra presenza in Dio – attuata nei sacramenti, ci introduce nella vita teologale: vita in Dio. Le virtù teologali non sono altro che quei doni dell’immensa fedeltà, amore e speranza di Dio che sono donati perché possiamo essere felici. Salvezza o felicità sono gli effetti dello stare in Dio. È Lui che si auto-rivela e attraverso l’annuncio (dono della Parola/Cristo) arriva a noi, se lo vogliamo, per portarci con sé. Siamo pellegrini di Speranza, camminatori intrepidi che vogliono che la loro vita raggiunga la meta della beautitudine eterna. È l’annuncio futuro di cui parla il Vangelo; non siamo fatti per cercare i piaceri del mondo ma «qualsiasi cosa farai avrà senso solo se la vedrai in funzione della vita eterna» (Chiara Corbella). Sono tanti gli esempi e i compagni di cammino: i Santi e i martiri che hanno dato la vita perché «l’anima mia trova riposo in Dio solo» (Sal 62). 


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