La francescana povertà di don Giovanni Guiso
Il ricordo del sacerdote di Gavoi a 40 anni dalla sua morte
di Natalino Piras
Don Giovanni Guiso
5' di lettura
10 Luglio 2022

Molti sono i referenti. Letterari, come il parroco d’Ambricourt consumato dal cancro e il curato Donissan di Bernanos, nella campagna francese divorata dalla noia, dalla cattiveria e dall’indifferenza dei parrocchiani.
Ci sono pure persone reali, preti di contestazione come don Lorenzo Milani. Il priore di Barbiana, povero tra i suoi poveri montanari, che con Lettera a una professoressa denuncia il sistema della scuola di classe, muore a 44 anni nel giugno 1967, minato dal cancro. Mondi che non si sono mai incontrati trovano nella povertà come condizione di vita e come didattica il loro comune interesse.

Alla morte di don Milani, era già da un anno che don Giovanni Guiso, nato a Gavoi il 3 novembre 1940, ordinato sacerdote il 4 luglio 1965, faceva il viceparroco a Bitti, proveniente da Lodè. Era di forte carisma, giovane entusiasta in mezzo ai giovani, fondatore e collaboratore del mitico ciclostilato “Su Cuentu” dove si firmava con lo pseudonimo El Diablo. Di grande capacità dialettica e oratoria, don Guiso era un prete povero in paese dove molto contava la differenza tra poveri e ricchi.
Portava una tonaca perennemente consunta, gli occhiali dalla spessa montatura, mai cambiati, aria austera ma capace di luminoso sorriso, servo del Vangelo nella sua funzione primigenia: stare con i poveri e per i poveri, non avendo per sé neppure l’essenziale, lavorare per i poveri e con loro fare progetto. Poveru che a Santu Vranziscu, la carità come dono interscambiabile. Anche don Giovanni Guiso è morto giovane, a nemmeno 42 anni, l’11 luglio 1982, al policlinico Gemelli di Roma, minato dal cancro. Fu sepolto a Oniferi, dove era stato parroco dal 1972, proveniente da Dorgali. È a Oniferi che don Guiso ha lasciato il segno in modo particolare. Dice don Albino Sanna suo compaesano, amico fin dai tempi dell’infanzia che quando lo andava a trovare a Roma gli «parlava sempre della sua attività a Oniferi, dei progetti che intendeva portare a termine soprattutto nel complesso di Soloai dove sorge la chiesetta della Madonna della Pace».

La collina di Soloai domina sopra Oniferi e da là è possibile una visione della Barbagia e del Marghine sino ai confini della Planargia. Mario Piras, che è stato sindaco di Oniferi, rivede don Guiso «a Soloai con la tonaca impolverata, sudato e stanco, a scavare per fare le fondamenta del salone, a spianare il cortile, liberare le piante dai rovi». Tutte queste testimonianze oniferesi sono raccolte in un prezioso libretto che racconta a più voci la mirabile vita del prete che fece della povertà habitat e sistema di vita. Il libretto, messo su per il venticinquennale della morte di don Guiso, seguito di un altro per il quindicennale, è opera di Giampiero Casula, anche lui sindaco di Oniferi tra fine Novecento e inizi del Duemila e che da sindaco gli intitolò una via del paese nel 2002 dopo aver dato nel 1997, come priore del Comitato per la Madonna della Pace, il nome del sacerdote al salone di Soloai che ancora oggi funziona da centro per convegni, conferenze e quant’altro. Ricordo tanto tempo fa un convegno per ricordare la figura e le opere di don Salvatore Merche, orotellese, come don Guiso storico parroco di Oniferi per trent’anni a datare dal 1914, sepolto come don Guiso a Veraneddu, il nome del paese nel romanzo I figli della Salvatica ambientato al tempo della prima guerra mondiale. Il libretto di Casula reca nel finale l’annuncio della parrocchia di San Gavino Martire della messa di suffragio che domenica 10 luglio sarà celebrata nella chiesa di Sant’Anna, nel 40° anniversario della morte di don Guiso. Molte le testimonianze nel libretto, tutte di forte emozione e commozione, poesie in limba sarda, notizie storiche, frammenti di omelia, tutte nel segno di aver avuto il privilegio di aver conosciuto don Guiso. Insieme a quelle già dette, le voci a fare coro sono quelle di Andrea Manunta poeta oniferese, don Falconi, Costantino Piras poeta di Olzai, monsignor Pietro Meloni, don Michele Casula, don Giovanni Carta. Queste voci molto le tesse e raccorda quella di Albino Sanna. Sostiene don Albino a dire del prete, dell’amico, dell’uomo: «Da ragazzo e da giovane era sempre pieno di gioia e di una vivacità prorompente; con le sue battute e i suoi scherzi offriva momenti di gioia a tutti. Quando ricevette l’ordinazione sacerdotale divenne più riflessivo, cosciente della responsabilità della missione, intransigente innanzitutto verso se stesso; si dedicava con passione al ministero senza compromessi». La francescana povertà di don Giovanni Guiso molto sostiene, continua a indicare esempio.

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